17 Feb Il capitale umano come leva di crescita aziendale
Nella mia (seppur breve) carriera, per motivi di diversa natura, ho avuto la possibilità conoscere molte realtà e parlare con manager d’azienda e imprenditori.
Molto spesso sono rimasto sorpreso in positivo, ho trovato persone intelligenti, entusiaste, lungimiranti, che hanno raggiunto il successo personale ed economico rimanendo allo stesso tempo attenti e interessati a quello che gli accade attorno. Ma soprattutto cortesi, professionali, disposte ad ascoltare e dare consigli.
Altrettanto spesso, purtroppo, mi sono ritrovato a discutere con persone poco empatiche, arroganti, orgogliose e autoritarie solo perché il ruolo che ricoprono glielo permette. Molto spesso erano svogliate, si lasciavano trascinare degli eventi senza prendere decisioni.
Qualche settimana fa, facendo una ricerca online, sono capitato per caso sulla pagina di Wikipedia che descrive cos’è una Azienda.
Un’azienda […] è un’organizzazione di beni e capitale umano finalizzata alla soddisfazione di bisogni umani […] (fonte)
Mi sono trovato a pensare diverse volte al ruolo dell’azienda come descritto sopra nella società odierna e ho pensato di mettere nero su bianco qualche considerazione.
Il valore del capitale umano
Analizziamo la prima parte della frase “Un’azienda è un’organizzazione di beni e capitale umano…”.
Quanto valore ha il capitale umano all’interno delle vostre aziende o delle aziende per cui lavorate? Quanto sono attente all’ambiente di lavoro, al personale, ai loro bisogni, ai loro sogni? Quanto viene valutato questo capitale umano rispetto al capitale economico?
Credo che una parte fondamentale (certamente non l’unica) per lo sviluppo e la crescita di una azienda risieda nella valorizzazione del suo capitale umano.
Anche con la digitalizzazione, la robotizzazione, la globalizzazione, le aziende continuano ad essere composte da persone. Persone che parlano, litigano, si arrabbiano, gioiscono, si innamorano.
La mancata attenzione a questo lato dell’azienda, se non correttamente gestito e valorizzato, nel lungo periodo rischia di tramutarsi in un boomerang che può creare enormi danni dovuti alla poca trasparenza, alla mancata comunicazione tra reparti, al trasferimento di conoscenze, a lotte di potere.
Per le aziende che offrono di servizi è più semplice (ma anche no), perché in genere sono più piccole (ma anche no) e “il servizio” porta per sua natura a doversi rapportare con altre persone. Per una azienda che vende prodotti, invece, si potrebbe pensare che questo ragionamento non valga. Troppo difficile, il gioco non vale la candela.
Ma provate a pensare a quanto può essere dannosa una situazione in cui, ad esempio, il capo o il collega non comunicano informazioni importanti, il reparto di progettazione e di produzione non si parlano, le proposte non vengono prese in considerazione perché non tutti possono permettersi di farle.
Crea ritardi, errori, danni di immagine.
Tutte queste problematiche (spesso molto più gravi di quelle elencate), delle quali spesso ci si accorge troppo tardi e quando sono già routine, potrebbero essere risolte migliorando la qualità della vita in azienda. Non servono processi più chiari e precisi (per carità, se ci fossero ben venga). Serve trasparenza e fiducia. Capitale umano.
Può il lavoro migliorare la qualità di vita delle persone che lo svolgono?
Analizzando la seconda parte della frase “…finalizzata alla soddisfazione di bisogni umani.” mi sono fatto un’ulteriore domanda.
Mi sono chiesto se questo obiettivo fosse solamente legato alla realizzazione di servizi e prodotti di qualità che migliorino la vita di chi ne usufruisce, oppure se la vita delle persone possa essere resa migliore grazie al lavoro che svolgono.
Ho provato di fare un esercizio, cercando di capire quali fossero i prodotti e i servizi che giornalmente aiutano a migliorare la qualità della mia vita e delle persone intorno a me. Ve ne elenco alcuni, in maniera grossolana, giusto per far passare il messaggio:
- Prodotti: automobile, microonde, computer, smartphone, tablet, cucina (forno, fornelli, frigorifero) bicicletta, letto, ascensore, auricolare, radio, smart tv, etc.
- Servizi: meteo, google maps, calendario cloud, Amazon, Netflix, consegna pranzi/cene vari a domicilio, stireria, bar, pulizie di casa, babysitter, etc.
Farei molta fatica a rinunciare a questi prodotti e servizi (ma anche a molti altri) e sono ben contento di pagare quando tutto funziona.
Detto questo, però, per almeno 8 ore al giorno sono vincolato a svolgere il mio lavoro e, se qualcosa va male, non funziona o si rompe, se saltano le scadenze, litigo con un collega/collaboratore/cliente, non c’è prodotto o servizio che può risollevare la situazione. Per quelle 8 ore (e probabilmente per diverse ore dopo) sarò intrattabile, nervoso, triste, demoralizzato o preoccupato. Il tutto peggiora ulteriormente se non ho prospettive, se non mi sento valorizzato e se non mi viene data fiducia.
Come può quindi una azienda pensare di soddisfare i bisogni umani, senza tenere in considerazione il fatto che uno tra i bisogni fondamentali è lavorare serenamente, felici (si, felici) ed essere apprezzati?
Smartworking e open space? Prima creiamo un clima aziendale favorevole.
Ho letto di molte aziende che, per dare una svolta e migliorare la qualità di vita dei dipendenti, hanno iniziato a proporre lo smartworking 3/4 giorni al mese, oppure a modificare gli uffici rendendoli sempre più open space.
Senza creare un clima aziendale favorevole, tutte queste attività sono sicuramente da apprezzare ma, a parer mio, servono a poco.
Pochi tempo fa è stata pubblicata la classifica dei Great Place to Work Italia. Con goia ho notato che ho conosciuto 2 delle aziende che si sono posizionate in classifica. Casualmente, oltre ad essere all’interno di questa classifica, sono entrambe realtà che crescono da anni, con un business consolidato e clienti importanti.
Ci sono sicuramente molte aziende che hanno percepito e portano avanti una gestione di questo tipo, e fanno capire che si possono creare luoghi di lavoro disegnati sulle persone che ne fanno parte, non solo verso i servizi e prodotti venduti. La speranza è di vederne sempre di più.
Luca Vettorello
Ceo
Dalet srl